Piove sul bagnato. Dopo la brina, che ha distrutto quasi interamente il raccolto dello scorso anno, un’altra sventura piomba sull’intero Meridione. Per oltre venti giorni, a partire dal 2 febbraio, la Puglia e la Basilicata vengono investite da un’altra morte bianca: la neve.
Viene giù quasi ininterrottamente come una cascata di grandi, meravigliosi fiocchi d’avena solo che, invece di essere dorati, sono bianchi, splendenti, invitanti e mortali come le dita adunche della scheletrica dama nera quando adocchia la sua vittima. E’ una catastrofe senza precedenti come senza precedenti è lo spesso sudario bianco che ammanta e distrugge le campagne, l’unica risorsa dell’economia meridionale. In decine e decine di paesi dell’entroterra, la coltre bianca ha superato il metro e mezzo. Sulla Murgia, ci sono tre metri di neve. Gioia del Colle, Locorotondo e Santeramo sono rimaste isolate per due giorni. Bloccate intere zone del Gargano e del Potentino. L’intera provincia di Matera è rimasta isolata per diversi giorni. Si deve intervenire con elicotteri ed aerei per rifornire di viveri la popolazione e gli animali. Ma per
questi ultimi, per migliaia di pecore, mucche e capre non c’è scampo: se non muoiono assiderati, muoiono di fame per mancanza di foraggio. Le città sono come paralizzate. Fermo il traffico, stradale e ferroviario, si ferma tutta l’economia urbana. Manca più o meno tutto, i primi ad accorrere, con ogni sorta di generi alimentari, sono gli americani. Le fabbriche, quelle poche che ci sono, restano ferme per l’assenza di energia e acqua. Le tormente di vento e neve hanno divelto tralicci elettrici, il gelo ha fatto scoppiare decine di condutture dell’acqua. Lecce è rimasta per quattro giorni senza corrente elettrica.
I Comuni fanno quello che possono, ma i disoccupati sono migliaia e le bocche da sfamare decine di migliaia. Vengono ingaggiati spalatori con paghe giornaliere che vanno dalle 1.200 alle 500 lire, non importa, tutto serve, poco, poco, purchè si porti un pezzo di pane a casa. Ma ugualmente non si riesce ad accontentare tutti e nella neve e per la disperazione, riprendono le dimostrazioni di piazza. I Municipi vengono assediati da disoccupati che chiedono lavoro o sussidi alimentari. Duemila a Corato, millecinquecento a Foggia, mille a Manduria ed altrettanti a Ruvo e Gioia del Colle. A Venosa mille braccianti muniti di badili e picconi si scontrano con la Polizia e ci scappa il morto. Ad Andria seicento spalatori alla fine della giornata si recano alla Camera del Lavoro per essere pagati ma il Comune non ha fatto in tempo a fornire i fondi necessari e gli spalatori si recano in Municipio a protestare per ottenere il loro compenso. Nel Municipio non c’è nessuno ed uno sfortunato incidente provoca un’altra vittima.
Invocazioni d’aiuti si levano da ogni parte e la Gazzetta non solo funge da megafono politico ma si appella a tutte le categorie sociali a sostegno dei braccianti e dei disoccupati aprendo sottoscrizioni. Quando finalmente la furia bianca smette di scendere da un cielo plumbeo e impietoso, la pioggia e il disgelo completano l’opera di distruzione allagando migliaia di ettari di terreno. Eppure, non è finita. A fine febbraio il cielo si rischiara, appare di nuovo il sole e le gemme di qualche mandorlo che sono riuscite a sopravvivere, cominciano a fiorire, ma le bianche corolle non fanno in tempo a dischiudersi completamente che a metà marzo la neve, più impietosa che mai, torna a coprire città e campagne.
E tornano, purtroppo, le dimostrazioni di piazza, gli incidenti, gli scontri mortali fra disoccupati e forze dell’ordine. Il 15 marzo a Barletta, tremila dimostranti assaltano i depositi di viveri della Pontificia Commissione di Assistenza con l’intento di saccheggiarla. Arriva la Polizia e lo scontro è inevitabile. Inizia con una sassaiola a cui viene risposto con bombe lacrimogene poi, d’improvviso, scoppia una bomba a mano e la Polizia, presa dal panico, apre il fuoco. Non spara ad altezza d’uomo, altrimenti sarebbe stata una carneficina, non di meno restano sul selciato due braccianti morti, otto feriti fra dimostranti e ventisette fra le forze dell’ordine.
Il grande inverno del 1956. In Puglia non si era mai vista tanta neve. In basso, un'immagine della vecchia "Gazzetta" in piazza Roma, odierna piazza Moro
Viene giù quasi ininterrottamente come una cascata di grandi, meravigliosi fiocchi d’avena solo che, invece di essere dorati, sono bianchi, splendenti, invitanti e mortali come le dita adunche della scheletrica dama nera quando adocchia la sua vittima. E’ una catastrofe senza precedenti come senza precedenti è lo spesso sudario bianco che ammanta e distrugge le campagne, l’unica risorsa dell’economia meridionale. In decine e decine di paesi dell’entroterra, la coltre bianca ha superato il metro e mezzo. Sulla Murgia, ci sono tre metri di neve. Gioia del Colle, Locorotondo e Santeramo sono rimaste isolate per due giorni. Bloccate intere zone del Gargano e del Potentino. L’intera provincia di Matera è rimasta isolata per diversi giorni. Si deve intervenire con elicotteri ed aerei per rifornire di viveri la popolazione e gli animali. Ma per
questi ultimi, per migliaia di pecore, mucche e capre non c’è scampo: se non muoiono assiderati, muoiono di fame per mancanza di foraggio. Le città sono come paralizzate. Fermo il traffico, stradale e ferroviario, si ferma tutta l’economia urbana. Manca più o meno tutto, i primi ad accorrere, con ogni sorta di generi alimentari, sono gli americani. Le fabbriche, quelle poche che ci sono, restano ferme per l’assenza di energia e acqua. Le tormente di vento e neve hanno divelto tralicci elettrici, il gelo ha fatto scoppiare decine di condutture dell’acqua. Lecce è rimasta per quattro giorni senza corrente elettrica.
I Comuni fanno quello che possono, ma i disoccupati sono migliaia e le bocche da sfamare decine di migliaia. Vengono ingaggiati spalatori con paghe giornaliere che vanno dalle 1.200 alle 500 lire, non importa, tutto serve, poco, poco, purchè si porti un pezzo di pane a casa. Ma ugualmente non si riesce ad accontentare tutti e nella neve e per la disperazione, riprendono le dimostrazioni di piazza. I Municipi vengono assediati da disoccupati che chiedono lavoro o sussidi alimentari. Duemila a Corato, millecinquecento a Foggia, mille a Manduria ed altrettanti a Ruvo e Gioia del Colle. A Venosa mille braccianti muniti di badili e picconi si scontrano con la Polizia e ci scappa il morto. Ad Andria seicento spalatori alla fine della giornata si recano alla Camera del Lavoro per essere pagati ma il Comune non ha fatto in tempo a fornire i fondi necessari e gli spalatori si recano in Municipio a protestare per ottenere il loro compenso. Nel Municipio non c’è nessuno ed uno sfortunato incidente provoca un’altra vittima.
Invocazioni d’aiuti si levano da ogni parte e la Gazzetta non solo funge da megafono politico ma si appella a tutte le categorie sociali a sostegno dei braccianti e dei disoccupati aprendo sottoscrizioni. Quando finalmente la furia bianca smette di scendere da un cielo plumbeo e impietoso, la pioggia e il disgelo completano l’opera di distruzione allagando migliaia di ettari di terreno. Eppure, non è finita. A fine febbraio il cielo si rischiara, appare di nuovo il sole e le gemme di qualche mandorlo che sono riuscite a sopravvivere, cominciano a fiorire, ma le bianche corolle non fanno in tempo a dischiudersi completamente che a metà marzo la neve, più impietosa che mai, torna a coprire città e campagne.
E tornano, purtroppo, le dimostrazioni di piazza, gli incidenti, gli scontri mortali fra disoccupati e forze dell’ordine. Il 15 marzo a Barletta, tremila dimostranti assaltano i depositi di viveri della Pontificia Commissione di Assistenza con l’intento di saccheggiarla. Arriva la Polizia e lo scontro è inevitabile. Inizia con una sassaiola a cui viene risposto con bombe lacrimogene poi, d’improvviso, scoppia una bomba a mano e la Polizia, presa dal panico, apre il fuoco. Non spara ad altezza d’uomo, altrimenti sarebbe stata una carneficina, non di meno restano sul selciato due braccianti morti, otto feriti fra dimostranti e ventisette fra le forze dell’ordine.
Il grande inverno del 1956. In Puglia non si era mai vista tanta neve. In basso, un'immagine della vecchia "Gazzetta" in piazza Roma, odierna piazza Moro
Commenta